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Testo Libero

SDC11008

 

Una decorazione preziosa firmata D P






Ma se metto il naso fuori del mio giardino...........

Le rose del mio giardino 
Le rose del mio giardino


La pesca Paola esemplare unico dell'unico pesco del
mio giardino


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20 settembre 2013 5 20 /09 /settembre /2013 23:14
UN ABBRACCIO SOFFICE COME UN SOSPIRO

 

Stiro  e disegno profili con la mente come un pittore paesaggi sulla tela.  Tutto dopo avere respirato una realtà  che mi ha nutrito la mente, il cuore e l’anima. Realtà con sentimento per  un incontro ormai consueto ma che si ripete  con toni nuovi e dinamici e che mi riempie sempre di stupore per l’emozione che mi suscita. Una volta in diciotto , un’altra in quattordici, tante volte in quattro. Questa volta eravamo in sette ed è successo ieri. Vecchie compagne di un viaggio tra i banchi di una scuola con altri e alti schemi  didattici e di vita che,rispetto a quelle che si ereditano dalla scuola di oggi, hanno lasciato altre e alte impronte.

 

Mi hanno raggiunto in casa alla spicciolata e subito si è creato l’incanto della sintonia che si instaura sempre tra di noi. Abbiamo cominciato a sguazzare tra sensazioni, descrizioni, risate, accordi, complimenti sinceri, aggiornamenti, confidenze, comprensione, foto di nipoti, aneddoti sugli stessi , te e pasticceria casalinga, scambio di ricette,  apprezzamenti ….. Della mia “Torta di mele della Zia Rina, impoverita delle mele, arricchita con uvetta e pinoli e trasformata in  biscotti, è stata chiesta la ricetta e io non mancherò di trascriverla  qui di seguito.

 

Un bel quadro e la sua bellezza si è potuta leggere sul volto dell’uomo (mio marito) che si è inserito nel contesto con una espressione meravigliata e divertita al tempo stesso. Sul suo viso sorridente si è dipinto il compiacimento, per la realtà di questa amicizia che ha sfidato il tempo e la distanza, e il calore della sua anima estimatrice delle donne in quanto mamme, nonne, compagne, confidenti e anche un po’ psicologhe. Lasciatemelo dire, visto che per un po’ ha fatto parte del quadro, un cavaliere gentile anche se senza corazza e senza spada. Sollecitato più tardi a dare un giudizio su di noi  ha detto che eravamo fantastiche.

C’era Gabriella: lineare,felpata,discreta,materna, soffice, dolce e se dovessi definirla con un colore le dedicherei il rosa.

E poi Luciana: lapalissiana, affusolata,concreta,rassegnata,incassatrice. A lei dedico il colore arancio che è anche il nome dell’albero il cui  frutto  può essere aspro, ma  se è dolce è gustosissimo

E Luisa: compatta, solida,organizzatrice,disponibile,dolce,realistica,stabile. Di lei aggiungo madre al valore e per  il colore  dei suoi occhi,  che riflettono la sua chiara onestà e la delicatezza del suo animo, le dedico l’azzurro.

C’era l’immancabile Anna: autorevole, sicura, concreta, impavida, atleta, per meriti recenti scalatrice, non di un sasso qualunque ma di un Gran Sasso,teologa, grande conoscitrice dei misteri della fede, profondamente credente. Non posso che dedicarle il rosso.

Marisa: affabulatrice, filosofa, saggia, cristallina, stupita,viaggiatrice, concreta anche lei , solare e per questo le dedico il giallo.

Paola: fantastica! Saggia e filosofa, consapevole e svagata, ironica e sincera, delicata e piccante, un po’ inglese, con una sfumatura di malinconia. A lei  voglio dedicare, perché le voglio un mondo di bene,  un arcobaleno dei più teneri colori pastello.

E naturalmente c’ero anch’io: Liliana detta Lilli: niente aggettivi o meditazioni. Non posso su di me. Rischierei di autocelebrarmi-demolirmi. Leggetemi come mi percepite e dedicatemi il colore che ritenete più opportuno e poi fatemelo sapere e lo annoterò come Post Scriptum.

E comunque grazie  Gabriella, Luciana, Luisa, Anna, Marisa, Paola. Grazie per essere mie amiche e grazie per avermi avvolta col vostro abbraccio soffice e tenero come un sospiro.

Venerdì,  20 settembre 2013

 

 P. S.

Ciao Lilli, grazie per la bella serata che ci hai fatto trascorrere. Mi dispiace non aver fatto una fotografia: un gruppetto di settantenni che in quella tua cucina con la modernità degli elettrodomestici, il computer aperto sul tavolo e i dolcetti e il te da te preparati con grande affetto, raccontandosi,  si sentivano   ancora giovani. Grazie anche a tuo marito affettuoso ed efficiente. 

Sei stata molto brava ad attribuire i colori. Io istintivamente avrei attribuito l’arcobaleno a te e a Paola il blu (dal tenero azzurro al blu più intenso del mare,  del cielo e dell’infinito), perciò il blu lo attribuisco a te e forse è proprio il tuo colore.

Grazie per la bella serata.

Marisa.                                                                           Mercoledì, 25 settembre 2013

     A te Lilli dedicherei il colore verde perchè hai tanta voglia di fare (dolci buonissimi e tanti manicaretti tutti presentati magnificamente), tanta creatività e tanta fantasia nello scrivere e raccontare le cose. Un abbraccio , Gabriella.    

                                                                                 Sabato, 5 ottobre 2013      

FUGA DI MELE CON UVETTA E PINOLI

250 gr di farina  

80 gr di burro  

175 gr di zucchero

3 uova

Scorza grattugiata di un limone

Un pizzico di sale

3 o 4 cucchiai di latte

1 bustina di lievito

Uvetta e pinoli a piacere

½ tazza di vermouth o marsala secco

 Battere le uova con lo zucchero e poi con il burro fuso. Aggiungere la scorza di limone e il sale. Mescolare la farina al lievito,  aggiungerla al composto mescolando delicatamente e aiutandosi con il latte. Foderare una teglia rettangolare con carta forno e versarvi il composto livellandolo con una spatola. Spargervi sopra l’uvetta precedentemente ammollata in mezza tazza di vermouth o marsala secco o altro liquore a piacere e i pinoli. Infornare a 180° statico per 30 m.

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30 agosto 2012 4 30 /08 /agosto /2012 15:15

      

   

Cosa ci può essere di magico in un pranzo.

 

 

    $(KGrHqJ,!pYE7BcvgyW6BPjnKy0t5w~~60 1[1]Un pozzo, un giardino nascosto , del buon cibo di una regione che non conosco bene , dell’ottimo vino tanto genuino che sa di raspo, un’aria incantata di fine estate, una brezza leggera,  parole che rimbalzano allegre sulla tavola, si incrociano con le stoviglie e si impastano col cibo, scivolano leggere addosso ai commensali con simpatica naturalezza.

 

Questo è l’incanto che ho vissuto ieri .

 

Ho scoperto che c’è un posto insospettato al di là della strada statale il cui traffico polveroso, rumoroso e irruente te la rende nemica e indigesta. La attraversi in fretta  per lasciartela alle spalle e ti  rifugi in una stradina che si inserisce tra due file di case. Il varco ti conduce all’interno. Giri a sinistra e incontri un romantico pozzo che evoca storie fantastiche . Perché mi vengono in mente Giulietta e Romeo? Non so. Il pozzo sa di antico e ancestrale. Forse nasconde gli gnomi che vi si sono addormentati in attesa che qualcuno li risvegli, ma noi li lasciamo dormire. Fuori di lì il mondo non è più per loro. Procediamo a destra ed entriamo, guidati, in una casa d’estate, tormentati dal vago timore che la nuova situazione potrebbe farci sentire in soggezione, ma da subito ci rendiamo conto che non sarà così.

 

I nostri ospiti sono speciali.  

 

Lui, pur giovane, è un uomo di altri tempi la cui gentilezza e simpatia transita con naturalezza dalla sua pelle alla tua. Disinvoltamente compito, elegante anche nei bermuda da barbecue, si disimpegna perfettamente tra la brace che non può trascurare ( i cabruschette[1]rboni accesi sono subdoli ) e la conversazione.  Ha il magico potere di abbrustolire il pane lasciandolo chiaro, gradevole alla vista e al gusto, asciutto al punto giusto per i pomodorini che con lui diventeranno bruschetta per solleticare i nostri palati.    

         

Lei è più irruente. Ci accoglie festosa brandendo mestoli e strapazzando pentole, in pieno fermento culinario, come un moderno Don Chisciotte, ma non combatte col nulla, bensì con i prodotti della sua terra che prendono consistenza di manicaretti uscendo dalle sue mani. Pur confessando candidamente che non le piace cucinare sta preparando un mucchio di pietanze appetitose.

La tavola è all’esterno, colorata e festosa come l’aria che  circola in quel giardino inaspettato, perché seminascosto da una siepe di pitosforo, e che benediciamo perché ci regala una piacevole frescura.

Il pranzo è un’immersione nella terra di Puglia…  Cibo vino, aneddoti. Tra di noi si crea un inconsueto legame. Chiacchieriamo, confrontiamo le nostre vite, scopriamo affinità, approfondiamo sensazioni, verifichiamo sintonie e simbiosi, individualità e collaborazione, ordine e libertà …. Intanto mangiamo e apprezziamo. Le pietanze sono buone, fresche e confortate dalla presenza di vari formaggi “etnici” che il nostro palato apprezza perché ne siamo ghiotti. Ruberò alla padrona di casa l’idea dell’abito con cui ha vestito le sue MELANZANE ALLA PARMIGIANA  che io chiamerò

 

MEDAGLIONI DI MELANZANE  

     melanzane-trifolate[1]

Ingredienti:

 

2 melanzane tonde

250  gr. di mozzarella

parmigiano

salsa di pomodoro

100 gr.farina

 sale q.b. olio per friggere, olio EVO

 

Tagliare le melanzane a rondelle,  cospargerle di sale e  depositarle in un colapasta a riposare per un paio di ore al termine delle quali  strizzarle un po’ per privarle dell’acqua in eccesso.  Infarinarle per asciugarle ulteriormente e  friggerle in  padella in un dito di  olio di oliva.  Tagliare la mozzarella a fette e   porre una o più fette ,a seconda della grossezza delle melanzane, sulla metà delle rondelle fritte. Mettere sulla  mozzarella  una cucchiaiata di salsa di pomodoro,  cospargere la salsa con una spolverata di parmigiano e coprire il tutto con l’altra metà delle rondelle fritte. Depositare i “medaglioni” così ottenuti su una pirofila unta d’olio EVO e cospargerli di salsa di pomodoro. Coprire tutto con una generosa manciata di parmigiano o grana. Mettere in forno a gratinare a 180° per 30 m. circa. Se gradito, mettere qualche fogliolina di basilico rigorosamente spezzata con le mani.

 

Nel cuore del pomeriggio constatiamo con rammarico che abbiamo scavalcato di gran lunga il momento di togliere il disturbo. Tergiversiamo un po’ ma ci dobbiamo arrendere. Ci alziamo malvolentieri perché vorremmo che questo delizioso momento non finisse mai.

 

Salutiamo grati e ci auguriamo che questo sia l’inizio di una simpatica amicizia

 

Tornando a casa mi ripropongo di chiedere alla mia amica la ricetta di quelle deliziose polpettine al pecorino e ricotta. Come si chiameranno o come le chiamerò? Polpettine pugliesi?

 

Ieri era il 28 Agosto 2012

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16 luglio 2012 1 16 /07 /luglio /2012 09:39

FRATELLI D'ITALIA

 

 

 

L'incontro è stato programmato sotto gli ombrelloni dove nascono amicizie che, da occasionali diventano concrete e durature. Piano piano, protetti da un piccola oasi d'ombra benevola e sfiorati dalla brezza marina indispensabile per non soccombere alla calura estiva, abbiamo, con le chiacchiere, scoperto le altrui anime e lasciato indagare sulle nostre. L'amicizia si è cementata negli anni e viene manipolata come creta attiva nel mese di Luglio, poi lasciata decantare durante gli altri mesi  e lasciata respirare, come fanno i vinaioli approfittando delle fasi lunari , con sporadiche, consistenti telefonate, per non perderci l'evoluzione delle nostre vite. Stiamo diventando  grandi ed è inevitabile che i nostri acciacchi diventino impertinenti,ma noi lottiamo come belve per arrivare  al nuovo mese di luglio e per immergerci, protetti dall'ombrellone, nel bagno rigenerante delle nostre chiacchiere-confidenze.Ma veniamo alla cena "Fratelli d'Italia". I nativi hanno accolto gli amici provenienti  dal Piemonte ( ma emanano un forte profumo di Sud-Tirolo), dalla Puglia, dall'Emilia. Si sono fatti annunciare da questo splendido mazzo di fiori che è entrato, a buon diritto, nel mio ricettario . Tra le  portate  ha colpito in particolare la mia ricetta di

 

SOGLIOLE ALLA CREMA DI CIPOLLE

    INGREDIENTI:

 

4 sogliole

olio

prezzemolo

1/2 cipolla media

2 cucchiai di aceto

sale

 

Ungere il fondo di una padella capace di contenere le sogliole comodamente adagiate. Irrorare i pesci con olio e versare negli interspazi l'aceto e il prezzemolo tritato grossolanamente. Tritare la cipolla a coltello e depositarla sulle sogliole. Aggiungere due o tre cucchiai di acqua e coprire. Accendere il fuoco, lasciare alzare il bollore e continuare a fuoco basso per altri 10 minuti agirando la padella per evitare che il pesce si attacchi sul fondo. A fine cottura togliere le sogliole dal loro liquido che, messo in un contenitore verrà frullato con frusta ad immersione e versato di nuovo sulle sogliole 

 

Avvertimento ad uno dei commensali ( e chi ha orecchie per intendere intenda). Nessuno osi chiamare più il vino acqua, nemmeno per scherzare. Attento a Bacco, quel dio rubicondo e godereccio col cappello di grappoli d'uva e di pampini. Ride perchè è naturalmente gioviale e bendisposto. Ma non toccategli il vino onesto e nobile accompagnatore di vivande. Potrebbe ripensarci e punire gli uomini, come hanno fatto altri dei per molto meno, togliendoci la disponibilità dei suoi vini. Ce ne sono di tutti i tipi, di vari colori, di varie profumazioni, di diversa gradazione, fermi o frizzanti, tannici e no, per tutti i palati e soprattutto per tutte le vivande. Non è una bevanda, ma un vellutato solletico che passa sul palato per fare da cavaliere ai bocconi di buon cibo. Lasciamo lavorare le Baccanti. Goderecce anche loro, se non le solletichiamo, continueranno a rifornire le nostre tavole di questo preziosissimo nettare. 

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18 giugno 2012 1 18 /06 /giugno /2012 20:30

    chiacchiere 0003

 

 

 SDC11392Eccoci qua.Ci siamo cercati e ci siamo ritrovati e siamo giunti  al luogo dell'appuntamento. Gli "organizzatori" del raduno si erano già incontrati, per ovvi motivi ,e si erano già riconosciuti senza difficoltà. Per fortuna loro il tempo passato non ha fatto molti danni. Ma nemmeno sugli altri che sono poi arrivati alla spicciolata. Abbiamo scrutato in lontananza le figure e non ne abbiamo sbagliata una. Bisognava indovinare ma nemmeno tanto...qualche capello in meno, qualche chilo in più,qualche difetto di memoria.....ma man mano che il gruppo si infoltiva,siccome l'unione fa la forza, gli errori di valutazione diminuivano. Non abbiamo sbagliato nemmeno all'arrivo dei professori. La cattedra deve avergli trasmesso l'elisir di giovinezza. Pimpanti e dinamici e smaltati come li abbiamo lasciati.

Convenevoli, baci abbracci.... foto ricordo.

 

Il pranzo è stato delizioso. L'Angolo di Mario offre allo sguardo una generosa porzione di mare e un ampio respiro. Abbiamo mangiato, conversato, scattato foto. La torta è stata un trionfo col suo misto di fresco e antico. Il fresco era  del gelato che ne era l'essenza e l'antico era  della foto che la decorava. 

   

Il commiato è stato lungo, pieno di promesse di rivederci. Il più carino e tenero è stato quello di uno dei "ragazzi" che salutandoci ha detto di avere avuto la grossa fortuna, nella sua carriera scolastica, di essere stato bocciato in seconda per avere l'opportunità di aspettarci e di fare il resto del percorso con noi. Commovente. Ci siamo allontanati a gruppi ma abbiamo continuato a cogliere pretesti per allungare la strada e trascinare i ricordi che non ci volevano lasciare. Il commiato è stato triste. Ci siamo ripromessi di rivederci ancora e credo proprio che lo faremo. Gabriella confezionerà ancora bomboniere, Gabriele offirà ancora fiori, Luisa sarà di nuovo un'ottima segretaria,collaboratrice,editrice e Liliana scriverà ancora ricordi.....Speriamo che l'ordinarietà della vita non ci assorba violentando e liquefacendo la dolcezza di quella grande, duratura  amicizia nata giovane, maturata sui banchi  di scuola, e conservata giovane nel tempo.

     

 

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18 giugno 2012 1 18 /06 /giugno /2012 20:00

Son cinquant’anni ovvero

Studenti di ieri

     

1962                   2012

Con le spalle rivolte al mare scendete il meraviglioso V.le della Repubblica facendovi accarezzare dalla bellezza delle raffinate e superbe ville d’epoca coi loro giardini ben curati, fino alla strada statale che la tronca di netto senza toglierne il fascino.chiacchiere 0019

Attraversate la strada quando l’omino verde  del semaforo vi fa l’occhiolino e troverete, alla vostra sinistra, un palazzo sorvegliato da alberi imponenti che si affaccia su un giardino ricoperto di ghiaia.

 Il cartello indica la sede degli uffici pubblici del comune, ma questo edificio ha tutto l’aspetto di un vecchia scuola. Provate ad accendere l’interruttore dei  ricordi, ascoltate e guardate… Sentite? È un tripudio di voci giovani e… Vedete? I due portoni sono spalancati  come fauci in attesa. Al  suono della  campanella  divoreranno lo stuolo di ragazzi che entrano, più o meno riluttanti ma ligi al dovere, per  masticarli  e frantumarli  nella macina della ore scolastiche. Sappiamo che a fine anno una bocca sputerà  quelli che saranno i geometri  e l’altra i ragionieri del domani. A cinquant’anni di distanza, cari ragazzi , siamo irrimediabilmente quelli di ieri. chiacchiere 0001

 Ma  non avevamo freddo coi nostri cappottini anni 50, molto più pesanti degli odierni piumini ma molto meno protettivi? E  come facevamo a percorrere tutta quella strada che conduceva  alla scuola senza l’aiuto di mezzi di trasporto di nessun tipo? Avevamo solo le gambe e i piedi, neanche tanto protetti se pioveva o nevicava . La neve e il gelo erano assidui compagni dei nostri inverni e la strada da percorrere era  lunga.

 Adesso gli studenti vanno tutti al “Campus”: un agglomerato moderno di prefabbricati dalle forme geometriche con pareti fredde e vetrate poco confortevoli. Vanno in bus, in moto, in macchina, tutti verso la stessa direzione come in un film: “Odissea 3000 studenti verso il futuro”. Sono maggiorenni. Allora non lo eravamo. Non potevamo fare assenze senza comunicarlo ai  genitori né giustificarle da soli. Eravamo  grandi e responsabili senza il diritto di esserlo.  Quella bocca spalancata non concedeva tregua. Si doveva entrare. Si marinava la scuola? Lo facevano in pochi. Occorreva la firma dei genitori in calce al libretto delle giustificazioni. Chi osava ingannarne la fiducia?

 Le ragazze si dirigevano verso gli spogliatoi, depositari delle loro “quasi divise” ,tra due ali di ragazzi occhieggianti che lanciavano sguardi indagatori verso quelle più carine per indovinarne le loro procacità nascoste. Allora dovevano indovinare. Oggi non si  deve indovinare più. Adesso si vedono  le mutande, gli ombelichi ,i seni, le cosce e forse oggi nessuno occhieggia più  Oggi si dice “ciao prof”. Noi dicevamo “buongiorno Professore” e ci alzavamo in piedi al loro ingresso e temevamo e  rispettavamo i  titolari di questa qualifica  e forse di alcuni avevamo anche “paura”. Ma proprio a loro dobbiamo quello che siamo oggi e siamo contenti della formazione-educazione che ci hanno impartito.

Eravamo i custodi dell’amicizia, del cameratismo ,dell’educazione, del rispetto.chiacchiere 0011  Dentro le mura di quel bell’edificio dall’aspetto robusto e confortevole abbiamo trascinato, come una massa unica, la parte extra casereccia delle nostre vite. Eravamo affiatati e ben amalgamati . Pur essendo tormentati dal dubbio che le nostre più grandi aspirazioni non si sarebbero realizzate, celavamo  tutto ciò dietro la nostra giovanile allegria, dietro le risate e dietro un cameratismo austero che ci legava come compagni di quell’arduo viaggio che era la scuola di allora ,che ci garantiva un futuro ma che per ottenere il quale ci chiedeva uno sforzo immane.

 Ci siamo lanciati nella vita, ma se ci cerchiamo ci ritroviamo legati a quei fili che ci conducono, a ritroso, al nodo di partenza al quale è legata anche lei, la ragazza che ci ha lasciato improvvisamente e per sempre sul finire di quell’anno scolastico che ci avrebbe visti uscire di lì col nostro bel diploma.

Lei il diploma non l’ha mai conseguito. Sarebbe stato il giusto coronamento di una splendida carriera scolastica. Invece  in una tiepida giornata primaverile  se ne è andata. La notizia è corsa sul filo del telefono cogliendo alla sprovvista noi ragazzi  intenti a preparare quell’esame di maturità che, già pesante di materie e di programmi imprevisti e più vasti del solito, sarebbe stato gravato da quel lutto tremendo che ci avrebbe accompagnato per un bel po’.  In una memoria scritta per lei è stata definita una gazzella. Il riferimento era azzeccato perché la sua figura richiamava proprio la leggiadria di questo animale  nella mobilità dello sguardo, nella leggerezza del corpo e dei capelli semi-raccolti e lasciati accarezzare dal vento in quella parte che sfuggiva ai fermagli  messi come per caso. Ha lasciato in noi il ricordo di una intelligenza vivace e arguta , di una allegria contagiosa, di un sorriso delicato, di una  semplicità  spontanea e senza fronzoli e si è portata via l’illusione di onnipotenza e incorruttibilità dei nostri 19 anni.

Fotografie in bianco e nero e immagini al rallentatore. Alunni e insegnanti. Dentro quel maniero risuonano:  il fragore delle voci di centinaia di ragazzi che parlano assieme, il suono delle campanelle che  scandiscono  il cambio delle materie alla fine di ogni ora , le voci degli insegnanti che impartiscono le lezioni, le voci decise degli interrogati sicuri della loro preparazione e quelle esitanti degli studenti poco preparati, i silenzi delle ore dei compiti in classe …  

Spegniamo l’interruttore dei ricordi. Sono stati l’amalgama che ci ha condotti fin qui.

Oggi  non siamo tutti.  Alcuni di noi sono stati impediti da fatti contingenti mentre di altri sappiamo che sono affaccendati in …..Alte Sfere….. ma non piangiamo parlando di loro. Lo facciamo sorridendo o ridendo come facevamo allora perché sono sempre con noi…anzi…  loro staranno ridendo più di noi perché sicuramente stanno mettendo in fila nuovi banchi davanti ad una cattedra per ricostruire quella mitica 5^ A Comm .le che ci ha promosso ragionieri nell’anno di grazia 1962.             

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13 febbraio 2012 1 13 /02 /febbraio /2012 21:39

CIAMBELLINE DI PATATE

 

 

 

Ciambelle di patate

 

 

 

Nel periodo di carnevale queste deliziose ciambelline sostituivano i biscotti che accompagnavano il te.  Le friggeva mia madre e ce le portava verso le 5. Non perchè ci sentissimo molto inglesi ma perchè mia madre tornava dal lavoro alle 4 e, impasta, lievita e friggi arrivavano le 5 o anche le 6 e noi ragazze alzavamo la testa dai libri scolastici e facevamo onore a queste meritevoli e fragranti creature ben liete di interrompere quel doveroso impegno che ritenevamo lo studio. Non lascio mai passare un carnevale senza friggerle almeno una volta. Piacciono a tutta la mia famiglia ma io ci ritrovo tante cose: la mia giovinezza, la dedizione di mia madre, la disinvoltura del carnevale, il calore dell'amicizia, il profumo del passato immerso nei ricordi legati a una casa che non è più mia ma che sarà mia per sempre. Ecco la ricetta:

 

Farina 00  250 gr.

Patate 250 gr.

burro 25 gr.

1 bustina di vaniglia

1 cucchiaio di zucchero

25 gr di lievito di birra

2 uova

 

Fare bollire le patate,  sciacciarle con una forchetta e mescolarle alla farina, alla vaniglia e allo zucchero. Creare un cratere nel quale rompere le uova,spezzettare il burro e sbiciolare il lievito. Impastare bene. Formare dei bastoncini come per fare degli gnocchi, arrotolarli e chiuderli a cerchio. Infarinare bene il tagliere e depositarvi le ciambelle. Lasciarle lievitare fino a raddopiare il volume. Preparare una padella con tanto olio da farle galleggiare e friggere. Appena tolte dal fuoco scolarle su carta soffice e immergerle immediatamente nella zucchero semolato. Sono sicura che non ci troverete tutto quello che ci trovo io ma certamente saprete apprezzarle. 

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1 novembre 2011 2 01 /11 /novembre /2011 18:56

 

marmellata di melagrana 

Marmellata di melagrana 

 

 

 Come sono arrivata fin qui? Per una intuizione e per essermi trovata in casa  un gran cesto di melagrane. Il frutto è insolito per la marmellata perchè il risultato della sua elaborazione è liquido e, senza polpa di frutta, la marmellata è difficile da realizzare. Si può usare il fruttapec del quale sono piuttosto nemica perchè a me piace tutto quello che è naturale. Non che il fruttapec non lo sia perchè è un astringente che si ricava dalla frutta, ma è innaturale il risultato al quale si arriva usandolo. Innaturale perchè dall'aspetto gommoso. La marmellata invece deve avere un aspetto tra il solido e il fluido, insomma un aspetto da marmellata. Allora ho pensato alle mele che contengono pectina e ho agito..... Innanzitutto ho sbucciato le melagrane e le ho sgranate

 

Poi le ho frullate, schiacciate in un colino per eliminare l'interno coriaceo degli acini ed ho raccolto il succo in un contenitore di vetro adatto al microonde, ho sbucciato e ridotto a dadini tre mele e le ho aggiunte al succo

  melagrana frullataaggiungi mele

ho cotto  al microonde a 750w di potenza per dieci minuti poi  ho frullato tutto e, su un chilo di polpa e succo ,ho aggiunto 350 gr di zucchero 

melagrana e mela bollitamelagrana e mela frullata

ho mescolato bene per fare sciogliere completamente lo zucchero ed ho fatto bollire al microonde  mescolando ogni 10/15 m.  finchè la marmellata non ha raggiunto la consistenza giusta. Per saggiare la consistenza della marmellata basta far colare alcune gocce su un piatto e soffiarci sopra. Quando il liquido stenta a scorrere la marmellata è pronta. In questo caso sarà d'aiuto la pectina presente nelle mele.
Ottenuto il risultato desiderato ho scaldato in forno alcuni barattoli di vetro sterilizzati in precedenza, li ho riempiti di marmellata bollente, li ho chiusi bene e lasciati raffreddare. Il clic del coperchio che va in decompressione  avverte quando sono pronti per metterli in dispensa in attesa di essere usati per una profumatissima crostata.

 

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14 febbraio 2011 1 14 /02 /febbraio /2011 15:38

 

14 FEBBRAIO 2011

The best

 

 Un omaggio semplice.....come tutti gli anni. Perchè tutte le volte mi sorprendo?...Grazie per il fiore e per quello che cela....gentilezza,sollecitudine,tenerezza,cortesia,stima...sto sfogliando i petali della rosa....intensità di sentimenti....sto ammirando il colore...collaborazione e forza nelle avversità.... Anche il più bel fiore nasconde delle insidie. Insieme e con accanimento recidiamo le spine.rosa pav.p.p.

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12 febbraio 2011 6 12 /02 /febbraio /2011 10:27

 

E' una ricetta che ho ereditato dai miei amici liguri. Una vecchia ricetta che valorizza, pur non avendone bisogno perchè è un alimento noto oramai a tutti e servito in tutte le salse e in tutte le tavole, il valore e il sapore dello stoccafisso e del baccalà che poi sono la stessa cosa. Per fortuna i norvegesi hanno trovato il modo di conservare i loro preziosi merluzzi e ,per altrettanta fortuna, qualche intraprendente italiano ha intuito l'importanza di questo alimento e ha sentito la necessità di farcelo conoscere. Guarda un po' cosa ha donato tutto questo alle nostre tavole. Ho provato a farla la  prima volta per la mia tavola e per i miei consueti commensali che poi si riducono a mio marito e me. Mi è venuta bene e mi sono lanciata a farla per mia figlia , mio genero e mio nipote che sono piuttosto recalcitranti di fronte al pesce perchè è pesce. Siccome in entrambi i casi abbiamo tutti leccato,come si suol dire, anche la padella  mi sono di nuovo esibita in una cena tra amici ai quali ho voluto dedicare una serata tutta ligure in onore a quella terra che mi ha ospitato generosamente per 37 anni. Ho cominciato con formaggetta e olive taggiasche . Le olive non ho avuto difficoltà a trovarle ma la formaggetta ,che è confinata tra Piemonte e Liguria ,me la sono dovuta inventare. Ha avuto successo solo perchè i miei ospiti non conoscono la formaggetta vera che è una libidine per il palato soprattutto se condita con  peperoncino e olio della riviera e  mangiata con la farinata che è stato il secondo pezzo forte della serata. Il primo era una pasta al forno verde ( per farla verde ho impastato farina, uova e boragine- altro alimento consueto tra le verdure liguri) e pesto naturalmente di basilico e pinoli. Ma la portata regina è stata la mia

 

BURIDDA DI BACCALA'

 

 ecco la ricetta 

                 

Per 4 persone

                                                                             

500 gr di  baccalà 

200 gr di pomodoro

4 o 5 patate medie

30 gr di pinoli

150 gr di olive nere

4 filetti di acciughe dissalati

1 cipolla piccola,1 spicchio d’aglio,1 carota,1 gambo di sedano,prezzemolo

Olio

1 bicchiere di vino bianco secco

Sale pepe 

 

 

Buridda in pentola

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Innanzitutto bisogna squamare i filetti di baccalà ,spinarli se è il caso e tagliarli a tocchetti.

Preparate un trito con cipolla, carota, aglio e sedano e soffriggete delicatamente in olio di oliva  sciogliendovi dentro i filetti di acciuga con l'aiuto  dei rebbi di una forchetta. Aggiungete olive ,pinoli e prezzemolo e sfumate col vino bianco. Quando l’alcool del vino è evaporato versate nella pentola i tocchetti di baccalà e lasciate insaporire aggiungendo il sale e il pepe. Bisogna fare attenzione e non dimenticare che il baccalà può essere salato e considerare la qualità delle olive che si adoperano nella ricetta. Se sono di quelle sotto sale  contribuiscono certamente alla salatura. Rosolate il baccalà per pochi minuti rigirandolo delicatamente nel soffritto quindi versate il pomodoro e lasciatelo amalgamare poi  aggiungete le patate ridotte a tocchetti e dopo qualche minuto aggiungete acqua calda. Lasciate cuocere  finchè le patate non saranno tenere.

 

Osservazioni.

 

Le olive dovrebbero essere della qualità “taggiasca” che sono il giusto coronamento di questa ricetta. In mancanza le nostre olive sotto sale sono ugualmente perfette.

 

Se si adopera lo stoccafisso, per il quale questa ricetta è nata, dovrà avere qualche minuto di cottura in più.

 Torniamo alla mia serata che in fondo è stata l'ispiratrice della mia ricetta.

 Non faccio menzione del dessert perchè non era ligure e sinceramente non lo ricordo. Forse un insieme di biscotti amaretti e chicchi di caffè (rigorosamente fatti in casa) accompagnati da cioccolatini anzi torroncini al cioccolati di provenienza?...piemontese...mi sono tenuta nelle vicinanze.

Com'è andata la serata? Benissimo direi. Io ho messo in sottofondo quella meravigliosa canzone in dialetto genovese "Ma se ghe pensu" nella versione del genovesissimo e compianto Bruno Lauzi e un nostro amico, di origine salernitana, dietro nostra sollecitazione ha recitato la poesia di Totò "A livella" nel suo coloratissimo dialetto. Piacevole e gradevole questa mescolanza di regioni dato che in tavola "i nativi" parlavano tra loro il dialetto locale. Tutto all'insegna dell'ilarità e dell'armonia. Non male di questi tempi.

 

 

  La mia buridda-copia-1

 

 

 

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6 febbraio 2011 7 06 /02 /febbraio /2011 15:26

SERATA IN FAMIGLIA

 

Nell'euforia della preparazione e in attesa degli ospiti mi è sfuggito il fatto che avrei dovuto fotografare il risultato del mio lavoro. Non è stato difficile preparare la cena, anzi. Considerato che mi piace cucinare e particolarmente impastare e controllare il lavoro dei lieviti attraverso i vetri delle boules nelle quali metto i miei pani a "fermentare", ho passato un pomeriggio piacevole e affacendato. Ho calcolato benissimo i tempi e, i cibi che dovevano essere pronti ancora fragranti di forno, erano pronti e quelli che vanno mangiati appena sfornati erano al giusto punto di preparazione e coi profumi giusti nel momento in cui è arrivata la sera e gli ospiti.

Apriamo il portone di casa, facciamo festa e convenevoli, ridiamo e scherziamo ,siamo contenti di vederci, annusiamo l'aria calda e accgliente della casa ,respiriamo il fresco dell'esterno che gli ospiti portano con se assieme agli omaggi per l'invito e per la cena e per i padroni di casa. Siamo allegri, contenti.....Su su in tavola... dove ci mettiamo?....Posso lavarmi le mani...? metti i dolcetti in frigo c'è dentro del mascarpone...la birra è alla spina....i cioccolatini sono quelli che mi sono dimenticata di portarti l'ultima  volta che abbiamo cenato assieme....ah!ah!  te li potevi mangiare..... Nel fermento e nella concitazione del metterci rumorosamente in tavola mi sono dimenticata di fare le foto ed ecco.... gli avanzi. Ma non mi piace questa definizione. avanziPreferisco chiamarli superstiti. Si superstiti commestibili di una serata intima in famiglia.

I raggi del sole del mattino che li incrociano attraverso i vetri ,non bastano a nascondere il loro aspetto stazzonato per una  notte insonne passata a raccontarsi sensazioni ed emozioni carpite ad una serata che è stata bella anche per loro.

Re della serata il pane elemento principe della tavola fatto con quella linfa vitale che è il lievito madre, sposato alla nobile farina e alla essenziale acqua. Pane semplice, pane colorato alle spezie, pane in bocconcini poco più grandi di una noce, pane tramutato in pizza classica e in pizza inventata dalla mia fantasia. Il pane fa famiglia e la famiglia è stata il perno della serata. Una serata pacata,serena,distesa.

Dietro a noi il passato remoto e recente dei legami familiari stretti, quelli che creano un vincolo indissolubile.

Con noi il presente incalzante dei fatti quotidiani con la politica sporca e mastricciona che infesta e funesta i nostri giorni...non si può fare a meno di parlarne...ne parlano le televisioni, i giornali, la gente in strada... la conversazione non può non cadere lì... ma questo non può turbare la nostra armonia.

Nei racconti esilaranti del nostro quotidiano domestico c'è il transito discreto dei figli e nipoti. E poi dei genitori presenti e definitivamente assenti ma mai sepolti.

Due sorelle, una sorella "honoris causa"tre fratelli acquisiti dopo una lunga vita coniugale ( s'intende fratelli fra loro...le mogli rimangono mogli..non confondiamo..)

E allora quelli che rimangono in tavola li vogliamo chiamare avanzi?

Nell'atmosfera calda e pacata della serata le pizze un po' classiche e un po' inventateavanzi8

 

 

i paniniavanzi9

 

le olive( sparite. Troppo appetitose)  il formaggio di fossa i fichi caramellatiavanzi6

le castagnole,avanzi7

 

i cioccolatini rustici e fatti in casa e quelli di marcaavanzi5

 sono diventati parte della famiglia, hanno comunicato con noi e noi  abbiamo dato loro un'anima. 

Allora mi viene spontaneo pensare che "i superstiti",mentre noi dormivamo sereni e appagati dalla bella serata,hanno vegliato raccontandosi, durante la notte, quanto sono stati bene con noi. Questa mattina, anche se stazzonati, ancora trasudano riconoscenza. Grazie da parte loro a tutti i commensali. Mi firmo     

                                       La padrona di casa.

 

 

 

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